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Home > Padre Puglisi > Biografia

Le tappe di una vita

  • 15/09/1937 Nasce a Palermo
  • 21/10/1937 Battesimo
  • 1943-45 Sfollato a Villafrati (PA)
  • 1943-48 scuola elementare “Villa Giulia”
  • 1948-51 scuola media inferiore
  • 1951-53 scuola superiore biennio Ist. Magistrale Statale “De Cosmi”
  • 1953 alunno del Seminario Arcivescovile
  • 7/12/1953 vestizione clericale
  • 05/07/1955 Cresima
  • 23/12/1956 Prima tonsura
  • 21/12/1957 Ostiariato e Lettorato
  • 20/12/1958 Esorcistato e Accolitato
  • 19/07/1959 Suddiaconato
  • 19/12/1959 Diaconato
  • 02/07/1960 Presbiterato
  • 1960-1962 Convittore presso l’Ist. Past. “S. Giovanni Maria Vianney” e aiuto alla Parrocchia “SS. Salvatore” nel quartiere Settecannoli
  • 25/07/1962 vicario cooperatore nella Parrocchia “SS. Salvatore” e confessore nell’Istituto “S. Macrina”
  • 11/07/1964 aiuto a don Filippo Riili, arciprete di Roccapalumba (PA)
  • 27/11/1964 aiuto nella Chiesa “S. Giovanni dei Lebbrosi” a Romagnolo, inizia la collaborazione con il Centro sociale gestito dalle Assistenti Sociali Missionarie
  • 1965 Insegna matematica al ginnasio del Seminario Minore
  • 1967-1970 cappellano e  insegnante di religione al “Roosevelt”, aiuto del parroco di “Maria SS. Assunta” nella borgata Valdesi
  • 1968-71 V. Assistente della GIAC e della G.F. per i lavoratori per il triennio
  • 1969 membro del CPD come Consulente ecclesiastico della Commissione Diocesana “Lavoro”, Mansionario della Metropolitana di Palermo, Vice rettore del Seminario Arcivescovile Minore
  • settembre 1969 con “Crociata del Vangelo” nella baraccopoli di Montevago dopo il terremoto del Belìce
  • 1/10/1970-31/7/1978 Parroco della chiesa “Maria SS. Immacolata” in Godrano (PA)
  • 1973 assistente spirituale dei volontari del Centro Sociale “Decollati” gestito dall'ASM Agostina Ajello
  • 20/10/1973 membro del Consiglio del CDV
  • 09/08/1978 Pro-Rettore del Seminario Arcivescovile Minore
  • 1/11/1979 esperienza di vita insieme a giovani all'interno dell “Comunità vocazionale”
  • 1978-1993 Insegna religione presso il Liceo Classico “Vittorio Emanuele II”
  • 24/11/1979 Direttore del CDV
  • 24/10/1980/1985 Vice-Delegato regionale del Centro Vocazioni
  • 30/10/1984-1989 membro del Consiglio Presbiterale
  • 05/02/1986-1991 Direttore del CRV e consigliere nazionale del CNV
  • 26/01/1987 Morte della madre
  • 29/10/1988-1993 Membro del CPD
  • 30/03/1990 Assistente diocesano della FUCI e guida per altri gruppi (“Équipes Notre Dame”, “Camminare Insieme”, “Presenza del Vangelo”)
  • 04/05/1990 assistente religioso presso la “Casa dell’Accoglienza” dell'Opera Pia Ruffini
  • 29/09/1990 parroco di “S. Gaetano - Maria SS. del Divino Amore”, nel quartiere Brancaccio
  • 09/1991 collaborazione con il Com. Intercondominiale
  • 02/10/1991 Arrivano le suore delle “Sorelle dei Poveri di S. Caterina da Siena”
  • 20/02/1992 Morte del padre
  • 1992 direttore spirituale del Seminario Arcivescovile Maggiore
  • 29/01/1993 Inaugurazione del Centro “Padre Nostro”
  • 15/09/1993 Uccisione
BREVE BIOGRAFIA DI PADRE GIUSEPPE PUGLISI (clicca per espandere il testo)

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BIOGRAFIA COMPLETA DI PADRE GIUSEPPE PUGLISI  (di Rosaria Cascio)

Scarica da qui la biografia più completa ed approfondita

Introduzione. Senso del martirio. Beatificazione

Padre Puglisi da giovaneChi è stato P. Puglisi e cosa può rappresentare oggi? È patrimonio esclusivo dei credenti o la sua vita è un esempio per tutti? Il 25 maggio del 2013 il prete Puglisi è stato riconosciuto dalla Chiesa Universale “Beato”, martire in odium fidei (“in odio alla fede”), testimone fino all’estremo dell’esempio di Cristo che si immola in croce per la redenzione dell’umanità. A partire da questo importante punto di non ritorno anche nella testimonianza cristiana contro la criminalità mafiosa, si può parlare del sacrificio di P. Puglisi come un'indicazione di percorso, una strada possibile da seguire ? Nell’importante cammino teologico di definizione di una pastorale sulla mafia riteniamo imprescindibile guardare all’operato di P. Puglisi che ha tanto da dire soprattutto in termini pedagogici e di intervento sociale. La mafia, invero, lo uccide per riaffermare il predominio su un territorio in cui il sacerdote aveva messo in pericolo la sua supremazia. Brancaccio, infatti, stava diventando il luogo in cui incarnare il regno di Dio grazie alla vita, al sacerdozio, all'esempio, alle parole di p. Puglisi. La sua Chiesa era diversa e lui stava compiendo un miracolo di liberazione delle persone dalla sudditanza della mafia semplicemente con il suo vivere coerentemente. Ed in questo suscitava un fascino indicibile soprattutto nei giovani. In questo contesto la parrocchia era diventata una nicchia di legalità mal sopportata dalla mafia. Qui 3P aveva trasformato la sua Chiesa in una prima linea nella promozione umana con lo strumento del Vangelo ma fu interpretata come una lotta, una sfida alla mafia. 3P è andato verso le periferie dell'esistenza umana e lì è rimasto fino a quando sono arrivate le minacce. Era consapevole del pericolo che correva ma era un prete che aveva deciso, semplicemente, di essere coerente, fedele servitore del Vangelo, umile testimone di Cristo. Del Cristo della speranza e della pace. La mafia lo ha ucciso “in odium fidei” perché, attraverso lui, ha odiato il Vangelo. Per questo P. Giuseppe Puglisi, dal 25 Maggio 2013, è un Beato della Chiesa Universale.

Origini umili e solide basi familiari

p. Puglisi da bambinoTra la sua vita e la sua morte (15/09/37-15/09/93) sono intercorsi 56 anni esatti ma, a guardare a quanto è riuscito a realizzare in questo breve arco di tempo, ne sembrano trascorsi molti di più. Tale è stata l'umiltà di vita di quest'uomo, tale la sua docilità nell'essere e nel diventare, sempre di più, strumento di azione di Dio nella storia dell'uomo. La biografia di P. Puglisi è tutta costellata di episodi del prodigio che Dio può compiere se l'uomo risponde positivamente alla Sua chiamata di amore che si fa dono per gli altri. Nasce a Palermo nel cortile Faraone, 8, quartiere Brancaccio Ciaculli; il 21 ottobre 1937 sarà battezzato nella Parrocchia “S. Nicolò la Kalsa”. Le inclinazioni della famiglia, umile e religiosa, forniscono le basi sicure ad un nucleo coinvolto in pieno negli orrori della guerra e costretto a riparare, per salvarsi, nelle zone limitrofe alla città, in specie a Villafrati. La madre, Giuseppina Fana, è sarta e si divide tra il lavoro, la famiglia e la dedizione alla Madonna. Il padre, Carmelo, è calzolaio ma, all'occorrenza, anche benzinaio pur di non fare mancare la serenità possibile alla famiglia. Tre i fratelli: Francesco (1945) è il più piccolo, Nicola, (1932) morì prematuramente. Gaetano (1930) è il più grande e così ricorda:


Da piccolo andavo a Brancaccio e servivo la Messa proprio nella Chiesa San Gaetano. Ero chierichetto. Mio fratello me lo portavo sempre appresso. Dopo siamo andati nel periodo della guerra sfollati a Villafrati. Con mio fratello eravamo sempre assieme. Da ragazzi io andavo a prendere i muli a portarli a bere l'acqua e andavamo pure a raccogliere le spighe per il frumento. Mia madre faceva la sarta e mio padre era militare.”

seminarista
Puglisi giovaneNel 1943 inizia a frequentare la scuola elementare mista “Villa Giulia” che conclude nel 48. Si iscrive, quindi, alle scuole medie che completa nel 1951. Segue l'iscrizione nell’Istituto Magistrale Statale “De Cosmi” che frequenta sino al 1953. Il clima familiare alimenta nel giovane Pino un'ansia di servizio a Dio che matura anche all'interno della parrocchia “S. Giovanni Bosco” in cui si inserisce nell'Azione Cattolica e svolge il servizio di ministrante. In questa fase avrà un grande peso il rapporto con il parroco don Giovanni Caracciolo, una figura di grande cultura e con un profondo senso critico nei confronti della politica. La maturazione di una vocazione annunciata determina in Puglisi un bisogno di rispondere “sì” alla Sua chiamata che non tarda ad arrivare. Infatti, a soli 16 anni entra in seminario e già, a leggere gli appunti di quel periodo, sviluppa un grande senso di profondità spirituale ed umana.

L'ingresso in Seminario è preceduto da una lettera del 10 settembre 1953 ed indirizzata all'allora Arcivescovo di Palermo, il Card. Ernesto Ruffini. I genitori e il fratello maggiore Gaetano lo sostengono pagando la retta. Nel 1955 Pino Puglisi riceve la Cresima nella Cattedrale di Palermo. Ad officiare il rito è quel don Calogero Caracciolo che tanta parte ha avuto nel sostegno alla sua vocazione sacerdotale.
Le tappe sino all'ordinazione presbiterale del 2 luglio 1960 nel Santuario “Madonna dei Rimedi” a Palermo per mano del Card. E. Ruffini, sono le seguenti:

sacerdote
Prima tonsura (23 dicembre 1956) Ostiariato e Lettorato (21 dicembre 1957)
Esorcistato e Accolitato (20 dicembre 1958)
Suddiaconato (19 luglio 1959)
Diaconato (19 dicembre 1959).
O Signore, che io sia strumento Valido nelle tue mani per La salvezza del mondo” si legge nell'immaginetta ricordo della prima Messa celebrata nella Parrocchia “S. Giovanni Bosco” e sembra già una profezia.






Anni 60 e 70. Montevago, Decollati e Scaricatore, Roosvelt

Pino Puglisi vive i primi anni di sacerdozio da convittore presso l’Istituto Pastorale “S. Giovanni Maria Vianney” dove, per volontà del Card. E. Ruffini, i giovani presbiteri trascorrevano il primo biennio di ordinazione. Aiuta, contemporaneamente, la Parrocchia “SS. Salvatore” nel quartiere Puglisi e p. RivilliSettecannoli e nella stessa verrà nominato vicario cooperatore il 25 luglio 1962. Abiterà nella casa parrocchiale insieme ai suoi genitori. Inizia, in questo stesso periodo, un importante servizio di ascolto come confessore delle “Suore Basiliane Figlie di S. Macrina” dell’Istituto “S. Macrina” mentre, contemporaneamente, diventa insegnanante di religione nelle scuole statali. E proprio in questa veste conosce, presso la scuola media “Archimede” di Palermo, Lia Cerrito (1923-1999), membro dell’“Istituto Secolare Missionarie del Vangelo”. Grazie a lei ha modo di conoscere il Movimento ecclesiale “Crociata del Vangelo” (oggi “Presenza del Vangelo”), fondato dal frate minore siciliano p. Placido Rivilli (1918-1999) da cui rimarrà affascinato soprattutto per i suoi scopi: testimoniare nella propria vita il Vangelo che diventa incarnazione ed espressione della Parola di Dio. Questo significa, in termini concreti, che non può esserci azione umana che non sia segnata da condivisione, da non violenza, da coerenza, da senso di giustizia. E' il Cristo che si fa storia, è il Vangelo dirompente della giustizia sociale, del bene comune, dell'equità che, dopo essere stato digerito, si trasforma in condivisione, in battaglia per i diritti, in impegno per il benessere e per la promozione dell'uomo. E per fare ciò, occorre l'annunzio della Parola e la preghiera condivisa. Questo metodo viene mutuato da 3P e lo ritroviamo in tutti i suoi incontri con i giovani, con i gruppi ecclesiali, con le famiglie.
Puglisi ed Agostina AjelloGli anni seguenti sono tutti centrati sull'esperienza nella parrocchia, pur non ricoprendo se non incarichi di aiuto: nel 1964 continua come vicario cooperatore della Parrocchia “SS. Salvatore” ma nei giorni festivi dà una mano a don Filippo Riili, arciprete del paese di Roccapalumba (PA). Inizia, poco dopo, un servizio saltuario presso la Chiesa “S. Giovanni dei Lebbrosi”, succursale della PaParrocchia “SS. Salvatore”, nel quartiere Romagnolo, zone di una Palermo devastata dalla guerra e mai più ricostruita, zone diventate sacche di povertà e di emarginazione. Segue i volontari del Centro gestito dalle Assistenti Sociali Missionarie della società di Servizio Sociale Missionario fondato dal Cardinale E.Ruffini e, in particolare, da Agostina Ajello (in foto) con la quale stabilisce un inossidabile sodalizio di impegno e sostegno reciproco che durerà sino alla sua uccisione. Emergono, sin da questi primi anni, le sue doti di accompagnatore spirituale e di guida generosa per chi avesse bisogno di un aiuto o, semplicemente, di un punto di riferimento per la sua crescita umana e spirituale. Quel territorio è molto povero e disagiato, tanto che qui operano tanti giovani volontari che Puglisi segue dal punto di vista spirituale. Li sostiene nelle loro battaglie per le case popolari partecipando con loro alle manifestazioni affinché il Comune si attivi per i servizi minimi.

RooseveltNel 1965 inizia ad insegnare matematica nel Seminario Arcivescovile Minore e nel 1967 viene inviato dal nuovo Arcivescovo di Palermo Francesco Carpino come cappellano ed insegnante di religione al “Roosevelt”, nella borgata palermitana marinara dell'Addaura. Discute insieme a giovani docenti atei. Due posizioni apparentemente contrastanti: l'ateismo e la fede. Puglisi riusce a far mettere da parte gli steccati ideologici per convenire sul senso di fratellanza tra gli uomini, l'esigenza di benessere e di libertà, i valori dell'equità e della giustizia sociale. Questo avvicinamento a quella zona della città lo porta ad affiancare don Antonino Mistretta, parroco della chiesa “Maria SS. Assunta” della vicina borgata di Valdesi. Inizia, così, un fecondo periodo di conoscenze ed amicizie personali che rimarranno per tutta la sua vita. Tra queste, quella con i genitori di Gregorio Porcaro che, a Brancaccio, diventerà il suo fidato vice parroco. Sono gli anni del Concilio Vaticano II e gli abitanti di Valdesi ricordano ancora la competenza di Puglisi sulle novità teologiche ed ecclesiologiche di quei mesi.
Roosevelt
Il 31 luglio 1968 viene nominato V. Assistente della Gioventù Italiana di Azione Cattolica e della Gioventù Femminile per i lavoratori per il triennio 1968-71. L’anno successivo diventa membro del Consiglio Pastorale Diocesano come Consulente ecclesiastico della Commissione Diocesana Lavoro (27/01/1969). Nello stesso anno riceve il beneficio di Mansionario della Metropolitana di Palermo (16/09/1969) e viene nominato Vice rettore del Seminario Arcivescovile Minore.
Sono pure gli anni del terremoto del Belìce ed anche qui P. Puglisi, al seguito degli amici di Crociata del Vangelo, decide di impegnarsi per la raccolta di beni da portare tra i terremotati ed imbastisce, tra le case cadute, l'altare per la S. Messa. Attende, paziente, i fedeli chiusi nelle baracche e nel dolore devastante fino a che, a poco a poco, le porte si apriranno e la comunità riceverà da P. Puglisi la consolazione del Cristo che si fa Eucaristia. E' il settembre del 1969.





Godrano

GodranoDal 1970 al 1978 P. Puglisi è a Godrano. Sarà, questa, la sua prima esperienza da Parroco alla quale seguirà, vent'anni dopo, la seconda ed ultima a Brancaccio. Vivrà in una canonica detta “Colosseo” perché aveva sempre le porte aperte a tutti. P. Puglisi trova un paese diviso da lotte sanguinose già dagli anni sessanta per la contesa tra famiglie mafiose di terre da pascolo. Le faide, iniziate nel 1959, lasciano per terra una cinquantina di vittime, segnano le famiglie e le condannano all'odio reciproco. La mafia la fa da padrona anche nell'irrigidimento dei cuori. Inoltre è presente una comunità di Pentecostali poco integrata con la comunità. Ma 3P non si scoraggia. Riesce ad organizzare il dialogo ed a portare l'ecumenicità del Concilio Vaticano II. La povertà sarà, qui, la sua fedele compagna di vita. Pane e povertà. Vangelo e dialogo. Esperienze bellissime di riconciliazione e di crescita umana e spirituale sono quelle vissute con gli amici di Presenza del Vangelo che, settimanalmente, si recano a Godrano per animare i cenacoli familiari. Nasce l'esperienza delle Settimane del Vangelo, incontri fruttuosi di riflessione e di preghiera a partire dalla Parola di Dio che diventa, così, cartina al tornasole per verificare la vita quotidiana. “Faremo di Godrano una piccola città del Padre Nostro attraverso un assedio di amore”. E, a poco a poco si sviluppano aperture e riconciliazioni. “Il perdono è un grande dono”, diceva 3P ricordando l'etimologia latina “iper-dono”, e, donando la propria pace, il paese inizia il cammino verso la riconciliazione. E' lo stesso Puglisi a raccontare la sua esperienza di pace e riconciliazione:

Non posso dimenticare una esperienza di Godrano. Prima di essere impegnato nella pastorale vocazionale a livello diocesano e poi regionale, sono stato parroco in un paesino di montagna. Ero uno dei parroci più “altolocati” della diocesi di Palermo, perché era un paesino posto a 750 mt sul livello del mare. Qualche anno prima in quel paesino di mille abitanti c’erano stati 15 omicidi. Nella carneficina delle varie vendette erano state uccise persone che non c’entravano assolutamente. Certe volte, se, per esempio, il designato ero io, uccidevano anche l’altro che mi stava accanto, altrimenti avrebbe potuto parlare. Facevamo i cenacoli [del vangelo] presso le famiglie. Prima, faticosamente. Andavo presso le famiglie e dicevo che in avvento, in quaresima o in altro periodo saremmo andati nelle case, se lo avessero desiderato, per leggere e comunicare il vangelo. Mi rispondevano: «Beh! arciprete, se lo dice lei, lo facciamo, pazienza!». Lo facevano per farmi un favore. E quindi incominciavamo ad annunziare il vangelo. Si parlava di pace, di unione, di fraternità. Erano questi i temi ricorrenti. Anche p. Rivilli era venuto. Poi incominciarono alcune famiglie a dire: «Ma, due volte l’anno è troppo poco,facciamo una volta al mese». E poi ogni 15 giorni presso alcune famiglie che si erano aperte all’ascolto del vangelo.Una signore viene un giorno a mi dice: «Padre, le cose sono due, io non ce la faccio più: se non faccio pace con la madre dell’uccisore di mio figlio non si fa più il cenacolo a casa mia». Dico: «Allora facciamo pace». «Ma come faccio» mi risponde la signore. Dico: «Lei continui a fare i cenacoli, vedrà che il Signore le darà l’occasione». Le strade d’allora non erano strade asfaltate o lisce. Fatte con l’acciottolato ed in questo caso era una fortuna. La madre dell’uccisore che era pure colpevole perché aveva sollecitato la vendetta, scivolò e cadde davanti la casa di questa signora che voleva rinunciare al cenacolo. Allora questa corre, la prende in braccio e fanno la pace, nonostante le critiche della gente che disse: «Perché? Non le brucia più il figlio?», quasi che avesse dimenticato il figlio morto. La madre dell’ucciso era felice. Era testimone della speranza. Dove c’è un pensiero di vendetta deve portare questa parola che libera, che dà gioia,questa gioia che è capace di amare, di perdonare.
A chi chiede giustizia nella nostra società… quante ingiustizie! Ci sono tante persone che subiscono ingiustizie! Talvolta l’ingiustizia subita è quasi irreparabile. Che cosa dire? Certo, è difficile, ma è necessario preservare il messaggio della speranza che passa attraverso il messaggio della croce
.1

GodranoImportantissima, poi, l'azione di liberazione proposta ai ragazzi del paese: liberi di essere bambini, liberi di poter studiare, liberi di crescere in umanità e contatto con la natura. I ragazzi vivono insieme, si prendono insieme cura della casa, predispongono i turni di servizio e di pulizia. Ogni piccolo gesto diventa il “se ognuno fa qualcosa” che crea la sintonia e la solidarietà. E la crescita, insieme a gioco e preghiera, riflessioni e bagni a mare. Tra lo stupore degli stessi genitori. Parlava di cultura ma, al contempo, usava la stessa lingua dei suoi parrocchiani, per lo più contadini e pastori, e le sue prediche erano allo stesso tempo dotte di citazioni ma semplici nel registro linguistico con frequentissimi richiami al quotidiano di questa umile gente.

Si interessava soprattutto dei bambini e dei giovani cominciando ad organizzare la catechesi anche con l’utilizzo dei mezzi tecnologici (diapositive, filmini per ragazzi e adolescenti, film per giovani). Mentre altri animatori culturali del paese proponevano i film di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Puglisi organizzava cineforum e discussioni con i giovani sui temi dell’esistenza, dell’impegno nel sociale, dei rapporti tra generazioni... Puglisi cercava un contatto con le famiglie, voleva entrare e condividerne la vita. Andava trovare i lavoratori della forestale e mangiava con loro, gli allevatori, cercava un incontro con i giovani che studiavano a Villafrati o a Mezzojuso, faceva in modo, talvolta, di riportarli con la sua macchina a Godrano alla fine delle lezioni per stabilire, intanto, dialoghi, legami. Consapevole della difficile situazione, cercò aiuto presso i suoi amici di Crociata del Vangelo e introdusse il loro metodo di preghiera dei cenacoli. Si trattava di vere e proprie assemblee riunite per meditare e riflettere sulla parola di Dio. L’esperienza con il tempo fu così vincente che alla fine si organizzarono “Le settimane del Vangelo e della Pace”. Puglisi riuscì a mobilitare tutto il paese di Godrano attorno alla parola di Dio. Anche noi della parrocchie di Mezzojuso partecipammo ai cenacoli e fummo colpiti favorevolmente al punto che importammo la formula nella nostra comunità di Mezzojuso... Assistendo alle omelie di P. Puglisi, ci colpiva la sua profonda conoscenza delle Scritture, la capacità di porgere il messaggio evangelico ai presenti in modo chiaro e comprensibile ma comunque aderente allo spirito dei brani trattati e adeguato alle capacità ed al livello culturale dei fedeli Mai, però ,banalizzò o abbassò il livello dei contenuti: egli aveva la capacità non comune di dare “le perle” agli uomini di buona volontà, senza sconto alcuno e senza discriminazione, non riservando il “vino migliore” solo per le grandi occasioni o solo per alcune personalità. A proposito di personalità, colpivano di lui le persone di cui si circondava: giovani, ragazzini, pastori, operai, studenti, casalinghe: tutta gente umile. Particolare interessante in relazione anche al periodo storico in cui ci troviamo rappresenta il rapporto che instaurò con la comunità evangelica del paese. Probabilmente il cammino della vicina comunità dal doppio rito romano e bizantino di Mezzojuso avrà contribuito a sviluppare la sua già spiccata sensibilità al dialogo ecumenico ed interreligioso. O, forse, semplicemente la grande apertura e ricchezza della fede coniugata con i fermenti di rinnovamento e di dialogo che soffiavano dal Concilio spinsero in modo naturale Puglisi a collaborare e ad aiutare la comunità di evangelici presente a Godrano. Tutti, unanimemente, riferiscono del suo zelo pastorale nei confronti di tutti compresi i cristiani appartenenti alle comunità di Dio in Italia, detti comunemente dalle nostre parti “evangelisti”.... Puglisi cominciò con un doposcuola aperto a tutti, compresi gli evangelici, senza distinzione di confessioni religiose. Promosse scambi di liturgie per pregare e lodare insieme l’unico Dio... Il primo degli incontri promossi in collaborazione con il movimento “Crociata del Vangelo” ebbe come tema “Il perdono”. Ritengo sia molta significativa e emblematica questa scelta per diverse ragioni. Intanto parte della comunità godranese era attraversata da rancori, odi e fratture per gravi contrasti mafiosi. Un' altra parte paesana professava una diversa confessione religiosa. Puglisi, quindi, si dovette misurare con una realtà divisa, spesso indifferente, se non ostile. Lui, che si era formato alla scuola del Concilio, al dialogo con il mondo, con le altre culture e le altre religioni adesso doveva affrontare una situazione in cui figli dello stesso Dio si ignoravano e si guardavano con sospetto e con astio. Come cominciare o ricominciare a dialogare ed a fare scoprire l’ autentica vocazione dell’uomo che non è certo incline alla guerra ma all’amore ed alla fraternità in quanto immagine di un Dio Padre buono, misericordioso e tenero con i suoi figli? Requisito indispensabile perciò è il perdono ma Puglisi sapeva che questo non significava affatto indifferenza ma un atto di volontà e di lucidità, e perciò di libertà, che consisteva nell’aprire a chi ti fa del torto la possibilità d’un nuovo rapporto con te in cui il male non avesse l’ultima parola.”. 2

Parlava di povertà e la praticava, parlava di umiltà e la viveva. Era credibile. Era un fratello per tutti. Oggi Godrano custodisce, nei suoi abitanti, la memoria di quegli anni magnifici consapevole, però, che sarebbero occorsi ancora alcuni anni per far germogliare i semi di speranza lasciati lì dal quel giovane, coraggioso, prete.

Animatore delle vocazioni. Direttore del C.D.V. e del C.R.V.

casa PuglisiIl 20 ottobre 1973 l'Arcivescovo Salvatore Pappalardo nomina il parroco di Godrano membro del Consiglio del CDV in rappresentanza del Clero DiDiocesano. E' il primo mandato al quale Puglisi si dedicherà con tutta la passione e la sua capacità di essere un animatore vocazionale. Terminato il servizio a Godrano, nell'estate del 1978 rientra a Palermo nella casa popolare in cui abiterà con entrambi i genitori sino alla morte della madre prima (26.1.1987) e del padre poi (20.2.1992). La casa è in piazzale Anita Garibaldi n.5. Lì, accanto al portone di ingresso, Puglisi morirà per mano mafiosa. Dal 1978 inizierà ad occuparsi a tempo pieno di giovani e di vocazioni. Sarà anche Pro-Rettore del Seminario Arcivescovile Minore e, dal 1979, promuoverà la nascita della “Comunità vocazionale”, ossia un'esperienza di convivenza con alcuni giovani in ricerca vocazionale.

Il 24 novembre 1979 il Card. Salvatore Pappalardo lo incarica come Direttore del Centro Diocesano Vocazioni con mandato specifico per l’Opera Vocazioni Sacerdotali. Per completare l'elenco delle cariche in ambito si ma verso dovedi pastorale vocazionale ricordiamo che nel 1980 Puglisi sarà nominato dalla conferenza episcopale siciliana Vice-Delegato regionale del Centro Vocazioni, nel 1984 membro del Consiglio Presbiterale sino al 1989 e nel 1986 Direttore del Centro Regionale Vocazioni sino al 1990: in tale veste entrerà di diritto nel Consiglio Nazionale dello stesso organismo. Non è carriera quella di Puglisi ma dedizione totale alla pastorale vocazionale, senza risparmio di forze ed energie.
In quegli anni 80, P. Puglisi inizia un'esperienza in cui esprimerà la sua vera vocazione di animatore. In perfetta linea con le intuizioni del Concilio che ridavano centralità al ruolo del laico all'interno della comunità ecclesiale, P. Puglisi anticipa molte delle posizioni che persino in seno alla Conferenza Episcopale Italiana erano ancora sul nascere. Sostiene che ogni uomo, ogni donna, ogni essere umano vada sostenuto ed aiutato a costruire il proprio progetto di vita all'interno della comunità cristiana attraverso scelte che non devono necessariamente confluire verso la consacrazione religiosa ma si possono esprimere in tutte le forme anche laicali di impegno cristiano. Questo la novità che prende il nome di pastorale vocazionale unitaria, sintesi di tutte le altre pastorali : giovanile, familiare, vocazionale. E la Parrocchia ha un ruolo centrale in questo. Dal punto di vista metodologico, P. Puglisi si comporta da vero direttore d'orchestra che valorizza ogni strumento a sua disposizione. I membri degli organismi vocazionali partecipano agli incontri, condividono gli obiettivi, individuano con gli altri le strategie e poi, dopo questa immersione nel lavoro di gruppo, l'esperienza viene trasferita nelle parrocchie e nelle comunità di appartenenza con un effetto a caduta tale da animare in senso proprio il territorio diocesano. Così egli conduce ogni incontro partendo da una preghiera e chiedendo a tutti di disporsi alla donazione ed alla collaborazione proficua con gli altri. Ascolta con attenzione tutti, assume in modo empatico il punto di vista altrui favorendo il senso di accettazione; rilascia continuamente feedback per stimolare, gratificare, sollecitare, ringraziare. Ognuno sente di dare il meglio di sé e si sente accolto anche nei suoi limiti. P. Puglisi si configura come un leader democratico, non direttivo ma gratificante, si pone come mediatore dei conflitti, sollecita la riflessione e la condivisione delle idee, promuove la creazione di una mente di gruppo. E lui è il primo a mettersi continuamente in discussione ed in gioco. In un clima così accettante e gratificante, ognuno è condotto a dare il meglio di sé e ad assumersi le proprie responsabilità sino in fondo. Il suo servizio, quindi, è già orientato ad abbandonare la tecnica del reclutamento per la pastorale del risveglio, promozione ed orientamento delle vocazioni cercando di coordinare l'attività di tutti gli animatori vocazionali Parrocchiali e no, religiosi e laici, inserendo vitalmente la pastorale vocazionale nella pastorale globale della Chiesa locale: liturgica, catechistica, giovanile, della carità con la promozione di un coordinamento con gli organismi pastorali e soprattutto con la sensibilizzazione delle parrocchie e, attraverso esse, delle famiglie, come egli stesso spiegherà nel 1984 al Convegno delle Chiese di Sicilia.
Ai gruppi giovanili ed ai volontari il C.D.V. propone corsi di formazione, itinerari mensili di preghiera, incontri di spiritualità in preparazione alla giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Agli adulti propone due Corsi di formazione per Animatori vocazionali, con tredici incontri, seguito da circa 200 persone; ai ragazzi offre la Mostra “Sì, ma verso dove?” del centro Vocazionale itinerante che sarà visitata da circa 15.000 giovani e adolescenti ed animata da circa 150 volontari tra partecipanti al corso di formazione e gruppi ecclesiali soprattutto giovanili. Sbocco naturale alla Mostra sul senso della vita saranno i campi vocazionali iniziati nel 1973 con la presenza di adolescenti e giovani. E' chiara a tutti, ormai, l'importanza di tutte le vocazioni e lo ribadisce forte il Consiglio Regionale nel 1980 a Pergusa : “et...et... non aut...aut... perché le une e le altre vocazioni si sviluppano e vivono i simbiosi”.

Animatore delle vocazioni. I gruppi giovanili

Pregare è il fondamentale atto del cristiano che si mette in ascolto per offrire la propria vita come risposta. La preghiera ha questo senso in p. Puglisi, ed egli ne è un convinto assertore tra i giovani ai quali offre sempre spunti diversi per comprenderne il senso e l'efficacia. Darà vita ad un cammino di preghiera che, dal 1984, vedrà centinaia di giovani e di operatori diocesani riuniti in Cattedrale ogni secondo giovedì del mese. Simboli, disegni, spunti di riflessione : tutto è pensato per favorire raccoglimento e discernimento perché, come recitava la copertina del libretto personale : libretto preghiere”Fermati... Ascolta... Prega... A pregare s'impara... pregando.”
P. Puglisi è stato un animatore vocazionale di grande spessore. Centinaia di giovani si sono formati alla sua testimonianza ed anno avuto l'occasione di crescere secondo i valori cristiani del servizio. Conduce i primi gruppi vocazionali con la partecipazione di centinaia di giovani in circa dieci anni. Come non dire sì a un'esperienza di una settimana in compagnia di altri coetanei a riflettere su alcune tematiche di tipo esistenziale ed a vivere insieme? I gruppi di lavoro ruotano ogni giorno così non si formano divisioni e tutti socializzano con tutti. Il servizio riguarda sia la preparazione da mangiare che la pulizia e la sistemazione dei locali. Sono incluse, in queste attività, anche la preparazione delle liturgie e dei canti, la tenuta della Cappella. Tutto, insomma affinché sia chiaro che soltanto dalla collaborazione può nascere il benessere collettivo. Servire. Come Cristo che si fece servo pur essendo Re. Si inizia così per poi estendere questo mettersi a disposizione da sè stessi alla comunità che ospita e, via via, alle persone in condizione di disagio. Si inserisce in questo programma pedagogico una settimana di servizio ai degenti con problemi anche gravi presso l'Ospedale Psichiatrico gestito dalla comunità dei Fatebenefratelli di Genzano di Roma. Da quella straordinaria esperienza verranno fuori alcune vocazioni alla professione medica ed altre al servizio sociale. Tutte maturate lì e poi realizzate per davvero nel corso della vita. Ecco, è questo il modo pensato da P. Puglisi per promuovere una cultura vocazionale che metta la persona al centro : non teoria ma scelte maturate nella prova, nell'esperienza, nel confronto e nella sperimentazione. Così è possibile capire cosa davvero si vuole fare della propria vita, così si possono maturare vocazioni consapevoli e profonde. In questo P. Puglisi è stato un formidabile educatore vocazionale ed è riuscito a costruire una personale metodologia pastorale, sintesi eclettica di tanti autori letti e studiati della filosofia, della teologia, della psicologia umanistica e della sociologia. P. Puglisi è riuscito a formare i giovani alla preghiera profonda per cui la Parola era ascoltata, pregata, vissuta, incarnata. Ed interiorizzata sino a diventare carne della carne, sangue nelle vene. Di quella carne e di quelle vene fragili ed ancora informi di noi ragazzi e ragazze che in Puglisi abbiamo avuto una guida, un amico, un padre e molto altro di più.



Parroco a Brancaccio. Ricristianizzare e rievangelizzare

Quando nel settembre del 1990 P. Puglisi arrivò a Brancaccio, in quel territorio governavano alcuni “sovrani” ed ognuno aveva in mano quel potere inaugurazione centro padre nostrodi vita e di morte che un cristiano riconosce solo a Dio. E in quei luoghi dimenticati dagli amministratori cittadini, la mafia era la vera ed unica forza che decideva le sorti di ognuno. Ed aveva deciso, per esempio, che non dovessero esserci una scuola, dei servizi sociali e sanitari e nemmeno fogne e neanche case civili. Il degrado, l'abbandono, la promiscuità e l'incuria decisero altro per quegli uomini e quelle donne condannati alla miseria ed alla negazione dei diritti minimi. P. Puglisi porta la sua metodologia in Parrocchia mantenendo un'attenzione forte ai temi sociali e pastorali e sposta fuori dalla sacrestia il fulcro della sua azione evangelica. Il sacerdote trasforma il territorio di Brancaccio nel tempio in cui portare il Vangelo della carità. La Parrocchia si apre ai bisogni delle persone e le incontra nelle loro case, per le strade, nei luoghi in cui nessuno li va a trovare. Cristo non può rimanere chiuso dentro alle sacrestie, la sua incarnazione deve continuare. Così, P. Puglisi realizza una Parrocchia non più semplice erogatrice di sacramenti ma attenta lettrice dei bisogni dell'uomo e sua compagna nella crescita spirituale e socioculturale. Si unisce alle lotte di un gruppo di cittadini animati da spirito civico e voglia di impegno, il Comitato Intercondominiale. P. Puglisi definisce su tre direttrici l'organizzazione di S. Gaetano : Liturgia, catechesi, carità : tre aspetti diversi ma uniti in una stessa persona che crede, celebra, si forma e si impegna. In questo contesto i laici rivestono un ruolo determinante. Liturgia profonda e non folkloristica, Catechesi attenta per formare veri cristiani impegnati, Carità attrezzata modernamente espressa. P. Puglisi promuove un modello di Parrocchia che si fa Carità quasi inedito per la realtà italiana : il servizio sociale parrocchiale. Per questo crea il Centro polivalente di accoglienza e servizio “Padre Nostro”. L'azione di 3P è diretta a promuovere l'uomo attraverso l'incarnazione del Vangelo nella storia personale di tutti e la mafia, questo, non lo accetta. Egli si propone come alternativo al sistema clientelare e prepotente della mafia poiché restituisce ai residenti di Brancaccio la dignità di uomini e donne amati da Dio.

Parroco a Brancaccio. La controproposta evangelica e la mafia sconfitta

BrancaccioA Brancaccio P. Puglisi si fa promotore di una cultura evangelica di riscatto sociale. Porta con sé le assistenti sociali che si impegnano gratuitamente per la promozione del territorio. Il bisogno in cui la mafia tiene i cittadini viene configurato come diritto negato al quale la mafia riesce a rispondere attraverso meccanismi clientelari. P. Puglisi, invece, risponde con la lotta per i loro diritti, con la promozione di azioni tese a rivendicare quanto loro spetta attraverso moduli inviati al Comune nei quali vengono richieste risposte ai bisogni dei cittadini. La mafia perde il controllo del territorio e comincia a perdere, anche e soprattutto, il controllo dei bambini. Ad essi si rivolge 3P che propone loro il gioco piuttosto che il furto, il sostegno scolastico anziché la pistola. Lui è credibile perché coerente, perché assume su di sé i loro problemi e si propone, nei fatti, come compagno di strada. I bambini sono i diretti privilegiati dell'azione educativa del pedagogo 3P. funeraliCon loro, dice, si può ancora avanzare una controproposta di amore che si ponga come alternativa a quella del fascino della mafia. Per questo organizzerà moltissime attività e molti di loro passeranno dalla sua parte, seguiranno il suo progetto abbandonando definitivamente i sogni di mafia che li affascinavano. 3P diventa pericoloso. E alza il tiro, sapendo di avere contro tutta la gente che ha da sempre garantito alla criminalità il controllo del territorio. Modifica il percorso della processione di S. Gaetano, il folklore religioso lascia il campo ad una spiritualità vera. Sull'altare del sacrificio di Cristo viene portato tutto : la sofferenza delle persone, i diritti negati, l'offesa subita dai cittadini, gli attentati. La sua non è una parrocchia antimafia, lui non è un parroco antimafia. E' solo uno che vuole occuparsi dei ragazzini per dare loro una speranza : portare il Vangelo a Brancaccio, incarnarlo nella vita di quel territorio e di quella comunità. Niente finanziamenti pubblici per essere liberi di denunciare le inadempienze delle Istituzioni; niente amicizie politiche perché Cristo sta con la gente e non fa accordi politici. La sua, è davvero una controproposta di amore cristiano. Seguire 3P, la strada da lui indicata, è possibile, è doveroso. Se tutti i cristiani fossero autentici testimone di Cristo come lo è stato lui, il mondo sarebbe profondamente diverso.


Dopo la sua morte la beatificazione

Ad aprile 2013 la salma è stata traslata nella Cattedrale di Palermo.
La sua attività pastorale – come è stato ricostruito anche dalle inchieste giudiziarie – ha costituito il movente dell’omicidio, i cui esecutori e mandanti mafiosi sono stati arrestati e condannati con sentenze definitive. Per questo già subito dopo il delitto numerose voci si sono levate per chiedere il riconoscimento del martirio.
Nel ricordo del suo impegno, innumerevoli sono le scuole, i centri sociali, le strutture sportive, le strade e le piazze a lui intitolate a Palermo, in tutta la Sicilia, in Italia. Commemorazioni e iniziative si sono tenute anche all’estero, dagli Stati Uniti al Congo, all’Australia.
A partire dal 1994 il 15 settembre, anniversario della sua morte, segna l’apertura dell’anno pastorale della diocesi di Palermo.
Nel dicembre ’98, a cinque anni dal delitto, il Cardinale Salvatore De Giorgi ha insediato il Tribunale ecclesiastico diocesano per il riconoscimento del martirio.
L’indagine è stata conclusa a livello diocesano nel maggio 2001 e l’incartamento è stato inviato presso la Congregazione per le Cause dei Santi in Vaticano.
beatoNell’agosto 2010 il Cardinale Paolo Romeo ha nominato il nuovo postulatore, mons. Vincenzo Bertolone.
A giugno del 2012 la Congregazione ha dato l’assenso finale alla promulgazione del decreto per il riconoscimento del martirio di don Puglisi.
Il 25 maggio 2013 la beatificazione al “Foro Italico Umberto I” di Palermo.
Un “Archivio Puglisi” di scritti editi ed inediti, registrazioni, testimonianze e articoli si è costituito presso il Centro diocesano vocazioni in via Matteo Bonello a Palermo (archiviogiuseppepuglisi@diocesipa.it).
La sua vita e la sua morte sono state testimonianze della sua fedeltà all’unico Signore e hanno disvelato la malvagità e l’assoluta incompatibilità della mafia con il messaggio evangelico.

1 Relazione “Testimoni della speranza” tenuta al convegno nazionale del Movimento Presenza del Vangelo, Trento 22 e 28 Agosto 1991 e pubblicata sul n. 5/1991 del mensile Presenza del Vangelo (originale conservato in AGP - dattiloscritto, pp. 8, AGP, b. IV, fasc. 13.l)

2 Cascio, Lopes, Lanzetta “P.G.Puglisi. Sì, ma verso dove?”, Trapani, Il Pozzo di Giacobbe, 2015