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Biografia
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Chi
è stato P. Puglisi e cosa può rappresentare oggi? È patrimonio
esclusivo dei credenti o la sua vita è un esempio per tutti? Il 25
maggio del 2013 il prete Puglisi è stato riconosciuto dalla Chiesa
Universale “Beato”, martire in odium fidei (“in odio alla fede”),
testimone fino all’estremo dell’esempio di Cristo che si immola in
croce per la redenzione dell’umanità. A partire da questo importante
punto di non ritorno anche nella testimonianza cristiana contro la
criminalità mafiosa, si può parlare del sacrificio di P. Puglisi
come un'indicazione di percorso, una strada possibile da seguire ?
Nell’importante cammino teologico di definizione di una pastorale
sulla mafia riteniamo imprescindibile guardare all’operato di P.
Puglisi che ha tanto da dire soprattutto in termini pedagogici e di
intervento sociale. La mafia, invero, lo uccide per riaffermare il
predominio su un territorio in cui il sacerdote aveva messo in
pericolo la sua supremazia. Brancaccio, infatti, stava diventando il
luogo in cui incarnare il regno di Dio grazie alla vita, al
sacerdozio, all'esempio, alle parole di p. Puglisi. La sua Chiesa
era diversa e lui stava compiendo un miracolo di liberazione delle
persone dalla sudditanza della mafia semplicemente con il suo vivere
coerentemente. Ed in questo suscitava un fascino indicibile
soprattutto nei giovani. In questo contesto la parrocchia era
diventata una nicchia di legalità mal sopportata dalla mafia. Qui 3P
aveva trasformato la sua Chiesa in una prima linea nella promozione
umana con lo strumento del Vangelo ma fu interpretata come una
lotta, una sfida alla mafia. 3P è andato verso le periferie
dell'esistenza umana e lì è rimasto fino a quando sono arrivate le
minacce. Era consapevole del pericolo che correva ma era un prete
che aveva deciso, semplicemente, di essere coerente, fedele
servitore del Vangelo, umile testimone di Cristo. Del Cristo della
speranza e della pace. La mafia lo ha ucciso “in odium fidei”
perché, attraverso lui, ha odiato il Vangelo. Per questo P. Giuseppe
Puglisi, dal 25 Maggio 2013, è un Beato della Chiesa Universale.
Tra
la sua vita e la sua morte (15/09/37-15/09/93) sono intercorsi 56
anni esatti ma, a guardare a quanto è riuscito a realizzare in
questo breve arco di tempo, ne sembrano trascorsi molti di più. Tale
è stata l'umiltà di vita di quest'uomo, tale la sua docilità
nell'essere e nel diventare, sempre di più, strumento di azione di
Dio nella storia dell'uomo. La biografia di P. Puglisi è tutta
costellata di episodi del prodigio che Dio può compiere se l'uomo
risponde positivamente alla Sua chiamata di amore che si fa dono per
gli altri. Nasce a Palermo nel cortile Faraone, 8, quartiere
Brancaccio Ciaculli; il 21 ottobre 1937 sarà battezzato nella
Parrocchia “S. Nicolò la Kalsa”. Le inclinazioni della famiglia,
umile e religiosa, forniscono le basi sicure ad un nucleo coinvolto
in pieno negli orrori della guerra e costretto a riparare, per
salvarsi, nelle zone limitrofe alla città, in specie a Villafrati.
La madre, Giuseppina Fana, è sarta e si divide tra il lavoro, la
famiglia e la dedizione alla Madonna. Il padre, Carmelo, è calzolaio
ma, all'occorrenza, anche benzinaio pur di non fare mancare la
serenità possibile alla famiglia. Tre i fratelli: Francesco (1945) è
il più piccolo, Nicola, (1932) morì prematuramente. Gaetano (1930) è
il più grande e così ricorda:
“Da piccolo andavo a Brancaccio e servivo la Messa proprio nella
Chiesa San Gaetano. Ero chierichetto. Mio fratello me lo portavo
sempre appresso. Dopo siamo andati nel periodo della guerra sfollati
a Villafrati. Con mio fratello eravamo sempre assieme. Da ragazzi io
andavo a prendere i muli a portarli a bere l'acqua e andavamo pure a
raccogliere le spighe per il frumento. Mia madre faceva la sarta e
mio padre era militare.”
Nel
1943 inizia a frequentare la scuola elementare mista “Villa Giulia”
che conclude nel 48. Si iscrive, quindi, alle scuole medie che
completa nel 1951. Segue l'iscrizione nell’Istituto Magistrale
Statale “De Cosmi” che frequenta sino al 1953. Il clima familiare
alimenta nel giovane Pino un'ansia di servizio a Dio che matura
anche all'interno della parrocchia “S. Giovanni Bosco” in cui si
inserisce nell'Azione Cattolica e svolge il servizio di ministrante.
In questa fase avrà un grande peso il rapporto con il parroco don
Giovanni Caracciolo, una figura di grande cultura e con un profondo
senso critico nei confronti della politica. La maturazione di una
vocazione annunciata determina in Puglisi un bisogno di rispondere
“sì” alla Sua chiamata che non tarda ad arrivare. Infatti, a soli 16
anni entra in seminario e già, a leggere gli appunti di quel
periodo, sviluppa un grande senso di profondità spirituale ed umana.
L'ingresso
in Seminario è preceduto da una lettera del 10 settembre 1953 ed
indirizzata all'allora Arcivescovo di Palermo, il Card. Ernesto
Ruffini. I genitori e il fratello maggiore Gaetano lo sostengono
pagando la retta. Nel 1955 Pino Puglisi riceve la Cresima nella
Cattedrale di Palermo. Ad officiare il rito è quel don Calogero
Caracciolo che tanta parte ha avuto nel sostegno alla sua vocazione
sacerdotale.
Le tappe sino all'ordinazione presbiterale del 2 luglio 1960 nel
Santuario “Madonna dei Rimedi” a Palermo per mano del Card. E.
Ruffini, sono le seguenti:
Prima tonsura (23 dicembre 1956) Ostiariato e Lettorato (21 dicembre
1957)
Esorcistato e Accolitato (20 dicembre 1958)
Suddiaconato (19 luglio 1959)
Diaconato (19 dicembre 1959).
“O Signore, che io sia strumento Valido nelle tue mani per La
salvezza del mondo” si legge nell'immaginetta ricordo della
prima Messa celebrata nella Parrocchia “S. Giovanni Bosco” e sembra
già una profezia.
Pino Puglisi vive i primi anni di sacerdozio da convittore presso
l’Istituto Pastorale “S. Giovanni Maria Vianney” dove, per volontà
del Card. E. Ruffini, i giovani presbiteri trascorrevano il primo
biennio di ordinazione. Aiuta, contemporaneamente, la Parrocchia
“SS. Salvatore” nel quartiere Settecannoli
e nella stessa verrà nominato vicario cooperatore il 25 luglio 1962.
Abiterà nella casa parrocchiale insieme ai suoi genitori. Inizia, in
questo stesso periodo, un importante servizio di ascolto come
confessore delle “Suore Basiliane Figlie di S. Macrina”
dell’Istituto “S. Macrina” mentre, contemporaneamente, diventa
insegnanante di religione nelle scuole statali. E proprio in questa
veste conosce, presso la scuola media “Archimede” di Palermo, Lia
Cerrito (1923-1999), membro dell’“Istituto Secolare Missionarie del
Vangelo”. Grazie a lei ha modo di conoscere il Movimento ecclesiale
“Crociata del Vangelo” (oggi “Presenza del Vangelo”), fondato dal
frate minore siciliano p. Placido Rivilli (1918-1999) da
cui rimarrà affascinato soprattutto per i suoi scopi: testimoniare
nella propria vita il Vangelo che diventa incarnazione ed
espressione della Parola di Dio. Questo significa, in termini
concreti, che non può esserci azione umana che non sia segnata da
condivisione, da non violenza, da coerenza, da senso di giustizia.
E' il Cristo che si fa storia, è il Vangelo dirompente della
giustizia sociale, del bene comune, dell'equità che, dopo essere
stato digerito, si trasforma in condivisione, in battaglia per i
diritti, in impegno per il benessere e per la promozione dell'uomo.
E per fare ciò, occorre l'annunzio della Parola e la preghiera
condivisa. Questo metodo viene mutuato da 3P e lo ritroviamo in
tutti i suoi incontri con i giovani, con i gruppi ecclesiali, con le
famiglie.
Gli
anni seguenti sono tutti centrati sull'esperienza nella parrocchia,
pur non ricoprendo se non incarichi di aiuto: nel 1964 continua come
vicario cooperatore della Parrocchia “SS. Salvatore” ma nei giorni
festivi dà una mano a don Filippo Riili, arciprete del paese di
Roccapalumba (PA). Inizia, poco dopo, un servizio saltuario presso
la Chiesa “S. Giovanni dei Lebbrosi”, succursale della PaParrocchia
“SS. Salvatore”, nel quartiere Romagnolo, zone di una Palermo
devastata dalla guerra e mai più ricostruita, zone diventate sacche
di povertà e di emarginazione. Segue i volontari del Centro gestito
dalle Assistenti Sociali Missionarie della società di Servizio
Sociale Missionario fondato dal Cardinale E.Ruffini e, in
particolare, da Agostina Ajello (in foto) con la
quale stabilisce un inossidabile sodalizio di impegno e sostegno
reciproco che durerà sino alla sua uccisione. Emergono, sin da
questi primi anni, le sue doti di accompagnatore spirituale e di
guida generosa per chi avesse bisogno di un aiuto o, semplicemente,
di un punto di riferimento per la sua crescita umana e spirituale.
Quel territorio è molto povero e disagiato, tanto che qui operano
tanti giovani volontari che Puglisi segue dal punto di vista
spirituale. Li sostiene nelle loro battaglie per le case popolari
partecipando con loro alle manifestazioni affinché il Comune si
attivi per i servizi minimi.
Nel
1965 inizia ad insegnare matematica nel Seminario Arcivescovile
Minore e nel 1967 viene inviato dal nuovo Arcivescovo di Palermo
Francesco Carpino come cappellano ed insegnante di religione al
“Roosevelt”, nella borgata palermitana marinara dell'Addaura.
Discute insieme a giovani docenti atei. Due posizioni apparentemente
contrastanti: l'ateismo e la fede. Puglisi riusce a far mettere da
parte gli steccati ideologici per convenire sul senso di fratellanza
tra gli uomini, l'esigenza di benessere e di libertà, i valori
dell'equità e della giustizia sociale. Questo avvicinamento a quella
zona della città lo porta ad affiancare don Antonino Mistretta,
parroco della chiesa “Maria SS. Assunta” della vicina borgata di
Valdesi. Inizia, così, un fecondo periodo di conoscenze ed amicizie
personali che rimarranno per tutta la sua vita. Tra queste, quella
con i genitori di Gregorio Porcaro che, a Brancaccio, diventerà il
suo fidato vice parroco. Sono gli anni del Concilio Vaticano II e
gli abitanti di Valdesi ricordano ancora la competenza di Puglisi
sulle novità teologiche ed ecclesiologiche di quei mesi.
Il 31 luglio 1968 viene nominato V. Assistente della Gioventù
Italiana di Azione Cattolica e della Gioventù Femminile per i
lavoratori per il triennio 1968-71. L’anno successivo diventa membro
del Consiglio Pastorale Diocesano come Consulente ecclesiastico
della Commissione Diocesana Lavoro (27/01/1969). Nello stesso anno
riceve il beneficio di Mansionario della Metropolitana di Palermo
(16/09/1969) e viene nominato Vice rettore del Seminario
Arcivescovile Minore.
Sono pure gli anni del terremoto del Belìce ed anche qui P. Puglisi,
al seguito degli amici di Crociata del Vangelo, decide di impegnarsi
per la raccolta di beni da portare tra i terremotati ed imbastisce,
tra le case cadute, l'altare per la S. Messa. Attende, paziente, i
fedeli chiusi nelle baracche e nel dolore devastante fino a che, a
poco a poco, le porte si apriranno e la comunità riceverà da P.
Puglisi la consolazione del Cristo che si fa Eucaristia. E' il
settembre del 1969.
Dal
1970 al 1978 P. Puglisi è a Godrano. Sarà, questa, la sua prima
esperienza da Parroco alla quale seguirà, vent'anni dopo, la seconda
ed ultima a Brancaccio. Vivrà in una canonica detta “Colosseo”
perché aveva sempre le porte aperte a tutti. P. Puglisi trova un
paese diviso da lotte sanguinose già dagli anni sessanta per la
contesa tra famiglie mafiose di terre da pascolo. Le faide, iniziate
nel 1959, lasciano per terra una cinquantina di vittime, segnano le
famiglie e le condannano all'odio reciproco. La mafia la fa da
padrona anche nell'irrigidimento dei cuori. Inoltre è presente una
comunità di Pentecostali poco integrata con la comunità. Ma 3P non
si scoraggia. Riesce ad organizzare il dialogo ed a portare
l'ecumenicità del Concilio Vaticano II. La povertà sarà, qui, la sua
fedele compagna di vita. Pane e povertà. Vangelo e dialogo.
Esperienze bellissime di riconciliazione e di crescita umana e
spirituale sono quelle vissute con gli amici di Presenza del Vangelo
che, settimanalmente, si recano a Godrano per animare i cenacoli
familiari. Nasce l'esperienza delle Settimane del Vangelo, incontri
fruttuosi di riflessione e di preghiera a partire dalla Parola di
Dio che diventa, così, cartina al tornasole per verificare la vita
quotidiana. “Faremo di Godrano una piccola città del Padre Nostro
attraverso un assedio di amore”. E, a poco a poco si sviluppano
aperture e riconciliazioni. “Il perdono è un grande dono”, diceva 3P
ricordando l'etimologia latina “iper-dono”, e, donando la propria
pace, il paese inizia il cammino verso la riconciliazione. E' lo
stesso Puglisi a raccontare la sua esperienza di pace e
riconciliazione:
Non posso dimenticare una esperienza di Godrano. Prima di essere
impegnato nella pastorale vocazionale a livello diocesano e poi
regionale, sono stato parroco in un paesino di montagna. Ero uno dei
parroci più “altolocati” della diocesi di Palermo, perché era un
paesino posto a 750 mt sul livello del mare. Qualche anno prima in
quel paesino di mille abitanti c’erano stati 15 omicidi. Nella
carneficina delle varie vendette erano state uccise persone che non
c’entravano assolutamente. Certe volte, se, per esempio, il
designato ero io, uccidevano anche l’altro che mi stava accanto,
altrimenti avrebbe potuto parlare. Facevamo i cenacoli [del vangelo]
presso le famiglie. Prima, faticosamente. Andavo presso le famiglie
e dicevo che in avvento, in quaresima o in altro periodo saremmo
andati nelle case, se lo avessero desiderato, per leggere e
comunicare il vangelo. Mi rispondevano: «Beh! arciprete, se lo dice
lei, lo facciamo, pazienza!». Lo facevano per farmi un favore. E
quindi incominciavamo ad annunziare il vangelo. Si parlava di pace,
di unione, di fraternità. Erano questi i temi ricorrenti. Anche p.
Rivilli era venuto. Poi incominciarono alcune famiglie a dire: «Ma,
due volte l’anno è troppo poco,facciamo una volta al mese». E poi
ogni 15 giorni presso alcune famiglie che si erano aperte
all’ascolto del vangelo.Una signore viene un giorno a mi dice:
«Padre, le cose sono due, io non ce la faccio più: se non faccio
pace con la madre dell’uccisore di mio figlio non si fa più il
cenacolo a casa mia». Dico: «Allora facciamo pace». «Ma come faccio»
mi risponde la signore. Dico: «Lei continui a fare i cenacoli, vedrà
che il Signore le darà l’occasione». Le strade d’allora non erano
strade asfaltate o lisce. Fatte con l’acciottolato ed in questo caso
era una fortuna. La madre dell’uccisore che era pure colpevole
perché aveva sollecitato la vendetta, scivolò e cadde davanti la
casa di questa signora che voleva rinunciare al cenacolo. Allora
questa corre, la prende in braccio e fanno la pace, nonostante le
critiche della gente che disse: «Perché? Non le brucia più il
figlio?», quasi che avesse dimenticato il figlio morto. La madre
dell’ucciso era felice. Era testimone della speranza. Dove c’è un
pensiero di vendetta deve portare questa parola che libera, che dà
gioia,questa gioia che è capace di amare, di perdonare.
A chi chiede giustizia nella nostra società… quante ingiustizie! Ci
sono tante persone che subiscono ingiustizie! Talvolta l’ingiustizia
subita è quasi irreparabile. Che cosa dire? Certo, è difficile, ma è
necessario preservare il messaggio della speranza che passa
attraverso il messaggio della croce.1
Importantissima,
poi, l'azione di liberazione proposta ai ragazzi del paese: liberi
di essere bambini, liberi di poter studiare, liberi di crescere in
umanità e contatto con la natura. I ragazzi vivono insieme, si
prendono insieme cura della casa, predispongono i turni di servizio
e di pulizia. Ogni piccolo gesto diventa il “se ognuno fa qualcosa”
che crea la sintonia e la solidarietà. E la crescita, insieme a
gioco e preghiera, riflessioni e bagni a mare. Tra lo stupore degli
stessi genitori. Parlava di cultura ma, al contempo, usava la stessa
lingua dei suoi parrocchiani, per lo più contadini e pastori, e le
sue prediche erano allo stesso tempo dotte di citazioni ma semplici
nel registro linguistico con frequentissimi richiami al quotidiano
di questa umile gente.
“Si interessava soprattutto dei bambini e dei giovani
cominciando ad organizzare la catechesi anche con l’utilizzo dei
mezzi tecnologici (diapositive, filmini per ragazzi e adolescenti,
film per giovani). Mentre altri animatori culturali del paese
proponevano i film di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Puglisi
organizzava cineforum e discussioni con i giovani sui temi
dell’esistenza, dell’impegno nel sociale, dei rapporti tra
generazioni... Puglisi cercava un contatto con le famiglie, voleva
entrare e condividerne la vita. Andava trovare i lavoratori della
forestale e mangiava con loro, gli allevatori, cercava un incontro
con i giovani che studiavano a Villafrati o a Mezzojuso, faceva in
modo, talvolta, di riportarli con la sua macchina a Godrano alla
fine delle lezioni per stabilire, intanto, dialoghi, legami.
Consapevole della difficile situazione, cercò aiuto presso i suoi
amici di Crociata del Vangelo e introdusse il loro metodo di
preghiera dei cenacoli. Si trattava di vere e proprie assemblee
riunite per meditare e riflettere sulla parola di Dio. L’esperienza
con il tempo fu così vincente che alla fine si organizzarono “Le
settimane del Vangelo e della Pace”. Puglisi riuscì a mobilitare
tutto il paese di Godrano attorno alla parola di Dio. Anche noi
della parrocchie di Mezzojuso partecipammo ai cenacoli e fummo
colpiti favorevolmente al punto che importammo la formula nella
nostra comunità di Mezzojuso... Assistendo alle omelie di P.
Puglisi, ci colpiva la sua profonda conoscenza delle Scritture, la
capacità di porgere il messaggio evangelico ai presenti in modo
chiaro e comprensibile ma comunque aderente allo spirito dei brani
trattati e adeguato alle capacità ed al livello culturale dei fedeli
Mai, però ,banalizzò o abbassò il livello dei contenuti: egli aveva
la capacità non comune di dare “le perle” agli uomini di buona
volontà, senza sconto alcuno e senza discriminazione, non riservando
il “vino migliore” solo per le grandi occasioni o solo per alcune
personalità. A proposito di personalità, colpivano di lui le persone
di cui si circondava: giovani, ragazzini, pastori, operai, studenti,
casalinghe: tutta gente umile. Particolare interessante in relazione
anche al periodo storico in cui ci troviamo rappresenta il rapporto
che instaurò con la comunità evangelica del paese. Probabilmente il
cammino della vicina comunità dal doppio rito romano e bizantino di
Mezzojuso avrà contribuito a sviluppare la sua già spiccata
sensibilità al dialogo ecumenico ed interreligioso. O, forse,
semplicemente la grande apertura e ricchezza della fede coniugata
con i fermenti di rinnovamento e di dialogo che soffiavano dal
Concilio spinsero in modo naturale Puglisi a collaborare e ad
aiutare la comunità di evangelici presente a Godrano. Tutti,
unanimemente, riferiscono del suo zelo pastorale nei confronti di
tutti compresi i cristiani appartenenti alle comunità di Dio in
Italia, detti comunemente dalle nostre parti “evangelisti”....
Puglisi cominciò con un doposcuola aperto a tutti, compresi gli
evangelici, senza distinzione di confessioni religiose. Promosse
scambi di liturgie per pregare e lodare insieme l’unico Dio... Il
primo degli incontri promossi in collaborazione con il movimento
“Crociata del Vangelo” ebbe come tema “Il perdono”. Ritengo sia
molta significativa e emblematica questa scelta per diverse ragioni.
Intanto parte della comunità godranese era attraversata da rancori,
odi e fratture per gravi contrasti mafiosi. Un' altra parte paesana
professava una diversa confessione religiosa. Puglisi, quindi, si
dovette misurare con una realtà divisa, spesso indifferente, se non
ostile. Lui, che si era formato alla scuola del Concilio, al dialogo
con il mondo, con le altre culture e le altre religioni adesso
doveva affrontare una situazione in cui figli dello stesso Dio si
ignoravano e si guardavano con sospetto e con astio. Come cominciare
o ricominciare a dialogare ed a fare scoprire l’ autentica vocazione
dell’uomo che non è certo incline alla guerra ma all’amore ed alla
fraternità in quanto immagine di un Dio Padre buono, misericordioso
e tenero con i suoi figli? Requisito indispensabile perciò è il
perdono ma Puglisi sapeva che questo non significava affatto
indifferenza ma un atto di volontà e di lucidità, e perciò di
libertà, che consisteva nell’aprire a chi ti fa del torto la
possibilità d’un nuovo rapporto con te in cui il male non avesse
l’ultima parola.”. 2
Parlava di povertà e la praticava, parlava di umiltà e la viveva.
Era credibile. Era un fratello per tutti. Oggi Godrano custodisce,
nei suoi abitanti, la memoria di quegli anni magnifici consapevole,
però, che sarebbero occorsi ancora alcuni anni per far germogliare i
semi di speranza lasciati lì dal quel giovane, coraggioso, prete.
Il
20 ottobre 1973 l'Arcivescovo Salvatore Pappalardo nomina il parroco
di Godrano membro del Consiglio del CDV in rappresentanza del Clero
DiDiocesano. E' il primo mandato al quale Puglisi si dedicherà con
tutta la passione e la sua capacità di essere un animatore
vocazionale. Terminato il servizio a Godrano, nell'estate del 1978
rientra a Palermo nella casa popolare in cui abiterà con entrambi i
genitori sino alla morte della madre prima (26.1.1987) e del padre
poi (20.2.1992). La casa è in piazzale Anita Garibaldi n.5. Lì,
accanto al portone di ingresso, Puglisi morirà per mano mafiosa. Dal
1978 inizierà ad occuparsi a tempo pieno di giovani e di vocazioni.
Sarà anche Pro-Rettore del Seminario Arcivescovile Minore e, dal
1979, promuoverà la nascita della “Comunità vocazionale”, ossia
un'esperienza di convivenza con alcuni giovani in ricerca
vocazionale.
Il 24 novembre 1979 il Card. Salvatore Pappalardo lo incarica come
Direttore del Centro Diocesano Vocazioni con mandato specifico per
l’Opera Vocazioni Sacerdotali. Per completare l'elenco delle cariche
in ambito
di
pastorale vocazionale ricordiamo che nel 1980 Puglisi sarà nominato
dalla conferenza episcopale siciliana Vice-Delegato regionale del
Centro Vocazioni, nel 1984 membro del Consiglio Presbiterale sino al
1989 e nel 1986 Direttore del Centro Regionale Vocazioni sino al
1990: in tale veste entrerà di diritto nel Consiglio Nazionale dello
stesso organismo. Non è carriera quella di Puglisi ma dedizione
totale alla pastorale vocazionale, senza risparmio di forze ed
energie.
In quegli anni 80, P. Puglisi inizia un'esperienza in cui esprimerà
la sua vera vocazione di animatore. In perfetta linea con le
intuizioni del Concilio che ridavano centralità al ruolo del laico
all'interno della comunità ecclesiale, P. Puglisi anticipa molte
delle posizioni che persino in seno alla Conferenza Episcopale
Italiana erano ancora sul nascere. Sostiene che ogni uomo, ogni
donna, ogni essere umano vada sostenuto ed aiutato a costruire il
proprio progetto di vita all'interno della comunità cristiana
attraverso scelte che non devono necessariamente confluire verso la
consacrazione religiosa ma si possono esprimere in tutte le forme
anche laicali di impegno cristiano. Questo la novità che prende il
nome di pastorale vocazionale unitaria, sintesi di tutte le altre
pastorali : giovanile, familiare, vocazionale. E la Parrocchia ha un
ruolo centrale in questo. Dal punto di vista metodologico, P.
Puglisi si comporta da vero direttore d'orchestra che valorizza ogni
strumento a sua disposizione. I membri degli organismi vocazionali
partecipano agli incontri, condividono gli obiettivi, individuano
con gli altri le strategie e poi, dopo questa immersione nel lavoro
di gruppo, l'esperienza viene trasferita nelle parrocchie e nelle
comunità di appartenenza con un effetto a caduta tale da animare in
senso proprio il territorio diocesano. Così egli conduce ogni
incontro partendo da una preghiera e chiedendo a tutti di disporsi
alla donazione ed alla collaborazione proficua con gli altri.
Ascolta con attenzione tutti, assume in modo empatico il punto di
vista altrui favorendo il senso di accettazione; rilascia
continuamente feedback per stimolare, gratificare, sollecitare,
ringraziare. Ognuno sente di dare il meglio di sé e si sente accolto
anche nei suoi limiti. P. Puglisi si configura come un leader
democratico, non direttivo ma gratificante, si pone come mediatore
dei conflitti, sollecita la riflessione e la condivisione delle
idee, promuove la creazione di una mente di gruppo. E lui è il primo
a mettersi continuamente in discussione ed in gioco. In un clima
così accettante e gratificante, ognuno è condotto a dare il meglio
di sé e ad assumersi le proprie responsabilità sino in fondo. Il suo
servizio, quindi, è già orientato ad abbandonare la tecnica del
reclutamento per la pastorale del risveglio, promozione ed
orientamento delle vocazioni cercando di coordinare l'attività di
tutti gli animatori vocazionali Parrocchiali e no, religiosi e
laici, inserendo vitalmente la pastorale vocazionale nella pastorale
globale della Chiesa locale: liturgica, catechistica, giovanile,
della carità con la promozione di un coordinamento con gli organismi
pastorali e soprattutto con la sensibilizzazione delle parrocchie e,
attraverso esse, delle famiglie, come egli stesso spiegherà nel 1984
al Convegno delle Chiese di Sicilia.
Ai gruppi giovanili ed ai volontari il C.D.V. propone corsi di
formazione, itinerari mensili di preghiera, incontri di spiritualità
in preparazione alla giornata mondiale di preghiera per le
vocazioni. Agli adulti propone due Corsi di formazione per Animatori
vocazionali, con tredici incontri, seguito da circa 200 persone; ai
ragazzi offre la Mostra “Sì, ma verso dove?” del centro Vocazionale
itinerante che sarà visitata da circa 15.000 giovani e adolescenti
ed animata da circa 150 volontari tra partecipanti al corso di
formazione e gruppi ecclesiali soprattutto giovanili. Sbocco
naturale alla Mostra sul senso della vita saranno i campi
vocazionali iniziati nel 1973 con la presenza di adolescenti e
giovani. E' chiara a tutti, ormai, l'importanza di tutte le
vocazioni e lo ribadisce forte il Consiglio Regionale nel 1980 a
Pergusa : “et...et... non aut...aut... perché le une e le altre
vocazioni si sviluppano e vivono i simbiosi”.
Pregare è il fondamentale atto del cristiano che si mette in
ascolto per offrire la propria vita come risposta. La preghiera ha
questo senso in p. Puglisi, ed egli ne è un convinto assertore tra i
giovani ai quali offre sempre spunti diversi per comprenderne il
senso e l'efficacia. Darà vita ad un cammino di preghiera che, dal
1984, vedrà centinaia di giovani e di operatori diocesani riuniti in
Cattedrale ogni secondo giovedì del mese. Simboli, disegni, spunti
di riflessione : tutto è pensato per favorire raccoglimento e
discernimento perché, come recitava la copertina del libretto
personale :
”Fermati...
Ascolta... Prega... A pregare s'impara... pregando.”
P. Puglisi è stato un animatore vocazionale di grande spessore.
Centinaia di giovani si sono formati alla sua testimonianza ed anno
avuto l'occasione di crescere secondo i valori cristiani del
servizio. Conduce i primi gruppi vocazionali con la partecipazione
di centinaia di giovani in circa dieci anni. Come non dire sì a
un'esperienza di una settimana in compagnia di altri coetanei a
riflettere su alcune tematiche di tipo esistenziale ed a vivere
insieme? I gruppi di lavoro ruotano ogni giorno così non si formano
divisioni e tutti socializzano con tutti. Il servizio riguarda sia
la preparazione da mangiare che la pulizia e la sistemazione dei
locali. Sono incluse, in queste attività, anche la preparazione
delle liturgie e dei canti, la tenuta della Cappella. Tutto, insomma
affinché sia chiaro che soltanto dalla collaborazione può nascere il
benessere collettivo. Servire. Come Cristo che si fece servo pur
essendo Re. Si inizia così per poi estendere questo mettersi a
disposizione da sè stessi alla comunità che ospita e, via via, alle
persone in condizione di disagio. Si inserisce in questo programma
pedagogico una settimana di servizio ai degenti con problemi anche
gravi presso l'Ospedale Psichiatrico gestito dalla comunità dei
Fatebenefratelli di Genzano di Roma. Da quella straordinaria
esperienza verranno fuori alcune vocazioni alla professione medica
ed altre al servizio sociale. Tutte maturate lì e poi realizzate per
davvero nel corso della vita. Ecco, è questo il modo pensato da P.
Puglisi per promuovere una cultura vocazionale che metta la persona
al centro : non teoria ma scelte maturate nella prova,
nell'esperienza, nel confronto e nella sperimentazione. Così è
possibile capire cosa davvero si vuole fare della propria vita, così
si possono maturare vocazioni consapevoli e profonde. In questo P.
Puglisi è stato un formidabile educatore vocazionale ed è riuscito a
costruire una personale metodologia pastorale, sintesi eclettica di
tanti autori letti e studiati della filosofia, della teologia, della
psicologia umanistica e della sociologia. P. Puglisi è riuscito a
formare i giovani alla preghiera profonda per cui la Parola era
ascoltata, pregata, vissuta, incarnata. Ed interiorizzata sino a
diventare carne della carne, sangue nelle vene. Di quella carne e di
quelle vene fragili ed ancora informi di noi ragazzi e ragazze che
in Puglisi abbiamo avuto una guida, un amico, un padre e molto altro
di più.
Quando nel settembre del 1990 P. Puglisi arrivò a Brancaccio, in quel territorio governavano alcuni “sovrani” ed ognuno aveva in mano quel potere di vita e di morte che un cristiano riconosce solo a Dio. E in quei luoghi dimenticati dagli amministratori cittadini, la mafia era la vera ed unica forza che decideva le sorti di ognuno. Ed aveva deciso, per esempio, che non dovessero esserci una scuola, dei servizi sociali e sanitari e nemmeno fogne e neanche case civili. Il degrado, l'abbandono, la promiscuità e l'incuria decisero altro per quegli uomini e quelle donne condannati alla miseria ed alla negazione dei diritti minimi. P. Puglisi porta la sua metodologia in Parrocchia mantenendo un'attenzione forte ai temi sociali e pastorali e sposta fuori dalla sacrestia il fulcro della sua azione evangelica. Il sacerdote trasforma il territorio di Brancaccio nel tempio in cui portare il Vangelo della carità. La Parrocchia si apre ai bisogni delle persone e le incontra nelle loro case, per le strade, nei luoghi in cui nessuno li va a trovare. Cristo non può rimanere chiuso dentro alle sacrestie, la sua incarnazione deve continuare. Così, P. Puglisi realizza una Parrocchia non più semplice erogatrice di sacramenti ma attenta lettrice dei bisogni dell'uomo e sua compagna nella crescita spirituale e socioculturale. Si unisce alle lotte di un gruppo di cittadini animati da spirito civico e voglia di impegno, il Comitato Intercondominiale. P. Puglisi definisce su tre direttrici l'organizzazione di S. Gaetano : Liturgia, catechesi, carità : tre aspetti diversi ma uniti in una stessa persona che crede, celebra, si forma e si impegna. In questo contesto i laici rivestono un ruolo determinante. Liturgia profonda e non folkloristica, Catechesi attenta per formare veri cristiani impegnati, Carità attrezzata modernamente espressa. P. Puglisi promuove un modello di Parrocchia che si fa Carità quasi inedito per la realtà italiana : il servizio sociale parrocchiale. Per questo crea il Centro polivalente di accoglienza e servizio “Padre Nostro”. L'azione di 3P è diretta a promuovere l'uomo attraverso l'incarnazione del Vangelo nella storia personale di tutti e la mafia, questo, non lo accetta. Egli si propone come alternativo al sistema clientelare e prepotente della mafia poiché restituisce ai residenti di Brancaccio la dignità di uomini e donne amati da Dio.
A
Brancaccio P. Puglisi si fa promotore di una cultura evangelica di
riscatto sociale. Porta con sé le assistenti sociali che si
impegnano gratuitamente per la promozione del territorio. Il bisogno
in cui la mafia tiene i cittadini viene configurato come diritto
negato al quale la mafia riesce a rispondere attraverso meccanismi
clientelari. P. Puglisi, invece, risponde con la lotta per i loro
diritti, con la promozione di azioni tese a rivendicare quanto loro
spetta attraverso moduli inviati al Comune nei quali vengono
richieste risposte ai bisogni dei cittadini. La mafia perde il
controllo del territorio e comincia a perdere, anche e soprattutto,
il controllo dei bambini. Ad essi si rivolge 3P che propone loro il
gioco piuttosto che il furto, il sostegno scolastico anziché la
pistola. Lui è credibile perché coerente, perché assume su di sé i
loro problemi e si propone, nei fatti, come compagno di strada. I
bambini sono i diretti privilegiati dell'azione educativa del
pedagogo 3P.
Con
loro, dice, si può ancora avanzare una controproposta di amore che
si ponga come alternativa a quella del fascino della mafia. Per
questo organizzerà moltissime attività e molti di loro passeranno
dalla sua parte, seguiranno il suo progetto abbandonando
definitivamente i sogni di mafia che li affascinavano. 3P diventa
pericoloso. E alza il tiro, sapendo di avere contro tutta la gente
che ha da sempre garantito alla criminalità il controllo del
territorio. Modifica il percorso della processione di S. Gaetano, il
folklore religioso lascia il campo ad una spiritualità vera.
Sull'altare del sacrificio di Cristo viene portato tutto : la
sofferenza delle persone, i diritti negati, l'offesa subita dai
cittadini, gli attentati. La sua non è una parrocchia antimafia, lui
non è un parroco antimafia. E' solo uno che vuole occuparsi dei
ragazzini per dare loro una speranza : portare il Vangelo a
Brancaccio, incarnarlo nella vita di quel territorio e di quella
comunità. Niente finanziamenti pubblici per essere liberi di
denunciare le inadempienze delle Istituzioni; niente amicizie
politiche perché Cristo sta con la gente e non fa accordi politici.
La sua, è davvero una controproposta di amore cristiano. Seguire 3P,
la strada da lui indicata, è possibile, è doveroso. Se tutti i
cristiani fossero autentici testimone di Cristo come lo è stato lui,
il mondo sarebbe profondamente diverso.
Ad aprile 2013 la salma è stata traslata nella Cattedrale di
Palermo.
La sua attività pastorale – come è stato ricostruito anche dalle
inchieste giudiziarie – ha costituito il movente dell’omicidio, i
cui esecutori e mandanti mafiosi sono stati arrestati e condannati
con sentenze definitive. Per questo già subito dopo il delitto
numerose voci si sono levate per chiedere il riconoscimento del
martirio.
Nel ricordo del suo impegno, innumerevoli sono le scuole, i centri
sociali, le strutture sportive, le strade e le piazze a lui
intitolate a Palermo, in tutta la Sicilia, in Italia. Commemorazioni
e iniziative si sono tenute anche all’estero, dagli Stati Uniti al
Congo, all’Australia.
A partire dal 1994 il 15 settembre, anniversario della sua morte,
segna l’apertura dell’anno pastorale della diocesi di Palermo.
Nel dicembre ’98, a cinque anni dal delitto, il Cardinale Salvatore
De Giorgi ha insediato il Tribunale ecclesiastico diocesano per il
riconoscimento del martirio.
L’indagine è stata conclusa a livello diocesano nel maggio 2001 e
l’incartamento è stato inviato presso la Congregazione per le Cause
dei Santi in Vaticano.
Nell’agosto
2010 il Cardinale Paolo Romeo ha nominato il nuovo postulatore,
mons. Vincenzo Bertolone.
A giugno del 2012 la Congregazione ha dato l’assenso finale alla
promulgazione del decreto per il riconoscimento del martirio di don
Puglisi.
Il 25 maggio 2013 la beatificazione al “Foro Italico Umberto I” di
Palermo.
Un “Archivio Puglisi” di scritti editi ed inediti, registrazioni,
testimonianze e articoli si è costituito presso il Centro diocesano
vocazioni in via Matteo Bonello a Palermo
(archiviogiuseppepuglisi@diocesipa.it).
La sua vita e la sua morte sono state testimonianze della sua
fedeltà all’unico Signore e hanno disvelato la malvagità e
l’assoluta incompatibilità della mafia con il messaggio evangelico.
1
Relazione “Testimoni della speranza”
tenuta al convegno nazionale del Movimento Presenza del Vangelo,
Trento 22 e 28 Agosto 1991 e pubblicata sul n. 5/1991 del mensile
Presenza del Vangelo (originale conservato in AGP - dattiloscritto,
pp. 8, AGP, b. IV, fasc. 13.l)
2 Cascio, Lopes, Lanzetta “P.G.Puglisi. Sì, ma
verso dove?”, Trapani, Il Pozzo di Giacobbe, 2015